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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

pdfNel 2005 a Danzica abbiamo festeggiato solennemente il 25° anniversario del sindacato NSZZ Solidarność. In Polonia definire “Solidarność” un semplice sindacato di operai è riduttivo: nella storia dell’Europa centrale ha giocato un ruolo significativo nel crollo del muro di Berlino. E’ stato infatti un grande movimento sociale, nato dalla contestazione del regime comunista e dal desiderio della libertà, sulla base del quale è nato un sindacato di operai che ha preso questo nome. Durante il regime comunista questo movimento sociale radunava tutta l’opposizione.

Il motto dell’anniversario era Zaczęło się w Gdańsku (E’ iniziato a Danzica), per ricordarci che il crollo del comunismo non è partito da Berlino, ma iniziò a Danzica nel 1980, ed è proseguito nel 1989 in Polonia, con la famosa “Tavola Rotonda”, dove l’opposizione discusse con i comunisti un patto politico-sociale ed alla fine prese una parte del potere. Il crollo del muro di Berlino è soltanto la più significativa icona della fine del comunismo, però senza lo storico movimento sociale “Solidarność” non sarebbe stato possibile ciò che accadde in Germania dieci anni dopo nel 1989. Quindi la rivoluzione incruenta è cominciata a Danzica nel 1980, con gli scioperi degli operai contro il regime comunista per la libertà e per migliori condizioni di vita.

Per comprendere meglio il movimento “Solidarność” occorre spiegare che, dopo l’occupazione tedesca, conclusasi nel 1945, c’è stata in Polonia l’occupazione da parte dell’Unione Sovietica, come risultato del Trattato di Yalta.

La Polonia era un Paese solo formalmente libero, in verità dipendeva dal governo sovietico. Tutte le decisioni importanti erano prese a Mosca. Col regime comunista si diffuse naturalmente anche una ideologia marxista. Subito dopo la guerra era forte il processo di statalizzazione dell’industria e dell’agricoltura, senza alcun rispetto e tutela per la proprietà privata. Chi non voleva cedere la terra o la fabbrica, era destinato al carcere. La democrazia era pura “formalità”. Le elezioni erano sempre un inganno, governava in pratica un unico partito: quello comunista, il PZPR, dipendente da Mosca.

La filosofia obbligatoria per tutti era quella marxista. Vigeva un forte regime di censura, che aboliva di fatto la libertà di parola. L’ideologia comunista perseguitava la Chiesa, la fede e la religione, che si voleva estraniare dalla vita sociale. Si costruivano nuove città e nuovi quartieri senza chiese. Persino il primate Cardinal Wyszyński fu messo in carcere per la sua protesta contro il regime.

Nel corso degli anni si registrarono dei cambiamenti. Il regime comunista a volte era più duro, a volte più blando, ma l’opposizione popolare è stata sempre assai forte. La prima grande protesta degli operai, contro la mancanza di libertà e contro la dura situazione economica, si ebbe nel 1956 a Poznań conclusasi con l’intervento delle forze di polizia. Nel 1968 protestarono gli studenti. Nel 1970 di nuovo gli operai con uno scontro sanguinoso soffocato dalle forze armate.

Dieci anni dopo cominciò lo sciopero nel cantiere navale di Danzica. Il primo movente dello sciopero fu il licenziamento di due operai per ragioni politiche. Successivamente si avanzarono delle richieste economiche e politiche: liberi sindacati, libertà di stampa, migliori salari. Si trattava di 21 postulati. In breve tempo agli scioperanti di Danzica si associò tutta la Polonia e tutti i gruppi sociali. Per la prima volta si poteva parlare di sciopero generale. Si pose a capo di quel movimento sociale Lech Wałęsa. Gli scioperai dimostrarono apertamente il proprio legame con la fede: si confessavano, venivano celebrate messe per chi era in rivolta, si collocavano le croci sulle porte e sulle pareti, così come il quadro della Madonna Nera e il quadro di Giovanni Paolo II (vietato nei luoghi pubblici). Il governo comunista da una parte temeva l’intervento militare sovietico, come quello nella Repubblica Ceca del 1968; dall’altra, aveva paura di un popolo determinato e unito come non mai. Così venne accettato il libero sindacato “Solidarność”, fu cambiato il presidente (al posto di Jagielski fu nominato Jaruzelski), ma il governo rimase di chiaro stampo comunista. La libertà fu di breve durata, il 13 dicembre 1981 Jaruzelski dichiarò lo stato di guerra, e in questo modo abolì tutto ciò che avevano conquistato gli scioperanti. Malgrado ciò, la mentalità era cambiata al punto tale che non si poteva più tornare indietro e nonostante la repressione ci furono diverse proteste.

Di fronte alle difficoltà economiche e alla forte pressione sociale, nel 1989 il governo dovette cedere. Fu convocata una “Tavola rotonda” tra il governo comunista e l’opposizione rappresentata da “Solidarność”; con quel dibattito e con gli sviluppi successivi, la Polonia per la prima volta dopo la guerra, raggiunse un governo democratico. Il movimento “Solidarność” diventa elemento decisivo per il crollo del comunismo non solo in Polonia ma in tutta l’Europa Centrale e Orientale.1

Il nome di questo movimento sociale è significativo: “Solidarność” significa “solidarietà”, la solidarietà tra la gente che ha avuto la forza di far crollare il comunismo. L’unità è stata la sua grande forza e il regime comunista ha finito per rispettarla. D’altra parte quel nome voleva esprimere la difesa dei diritti dell’uomo. Questa “solidarietà polacca” ha avuto, dunque, due dimensioni: la solidarietà con l’uomo, i cui diritti non erano rispettati, e tra gli uomini.2 Sono presenti le due dimensioni della solidarietà, quella discendente ed assistenziale, che accompagna l’uomo nelle sue difficoltà e nella violazione dei suoi diritti, e quella associativa, tra la gente, che si riunisce per raggiungere un obiettivo comune.
Con il crollo del comunismo si è aperta una nuova epoca per “Solidarność”. La situazione era cambiata e “Solidarność” assumeva la respon-sabilità delle riforme dello Stato e dell’economia non è più all’opposizione. In tale situazione anche il sindacato doveva cercare una nuova collocazione, partendo dalla questione centrale: come difendere i diritti dei lavoratori contro un governo amico? Dopo l’elezioni del 1989 il sindacato mantenne sempre forti legami con la politica fino al 2002.

Il 4 giugno 1989 – il giorno delle prime elezioni dopo il patto della “Tavola rotonda” - fu un successo senza precedenti per l’opposizione, che conquistò tutti i posti disponibili nel parlamento. Purtroppo le elezioni non erano ancora pienamente libere, perché solo il 35% dei posti della camera dei deputati, e tutto il senato, furono eletti democraticamente. Il Patto della “Tavola Rotonda” garantiva infatti ai comunisti il 65% dei seggi nella camera dei deputati e la carica di presidente dello Stato. In quelle elezioni l’opposizione conquistò tutti i seggi nel senato, tranne uno, in cui fu eletto il senatore Stokłosa, della coalizione comunista.3

In seguito alle elezioni fu nominato presidente del consiglio Tadeusz Mazowiecki, proveniente da “Solidarność”, e presidente dello Stato Wojciech Jaruzelski. E così in Polonia a quei tempi si diceva: il vostro presidente dello Stato, il nostro presidente del consiglio.

In breve però questa regola fu cambiata. Già nel primo anno della sua presidenza, Jaruzelski, prendendo atto della posizione forte di “Solidarność”, rinunciò di propria volontà alla carica di presidente dello Stato e andò in pensione. Nel 1990 si tennero dunque nuove elezioni per il presidente dello Stato, e fu eletto Lech Wałęsa, allora presidente della centrale sindacale “Solidarność”. Il potere di “Solidarność” crebbe.

Mazowiecki, dopo aver perso le elezioni per la presidenza dello Stato, si dimise da Presidente del Consiglio, e lo sostituì Jan Krzysztof Bielecki. T. Mazowiecki, perso il sostegno del sindacato “Solidarność” iniziò un lento processo di scissione.

Come successore di Lech Wałęsa, a nuovo presidente della centrale sindacale “Solidarność”, fu eletto Marian Krzaklewski. Questi, durante la sua presidenza, ha mantenuto sempre forti legami tra il sindacato e la politica. Tale situazione di rapporti tra il sindacato e la politica è stato oggetto di forte discussione, in particolare sulle pagine del settimanale Tygodnik Solidarność, fin dal 1989.

W. Arkuszewski, nello stesso anno, scrisse che “Solidarność” di allora era molto differente da quella dell’1980. Allora, le parole “noi” e “loro” erano chiare: si sapeva chi fosse il nemico. Un fossato divideva governo e l’opposizione. “Solidarność” nel 1980 era un movimento comune per le riforme dello Stato, costituito da sindacalisti e politici, radicali e moderati, di destra e di sinistra, credenti e non credenti, tutti uniti contro il regime comunista e legati da un forte spirito di solidarietà. Invece, secondo W. Arkuszewski, “Solidarność” del 1989 aveva perso la frangia radicale (Jurczyk, Rulewski, Gwiazda, Słowik), esclusa con il compromesso della “Tavola rotonda”. I radicali non volevano accettare alcun patto con i comunisti.

Col tempo “Solidarność” si è divisa in due blocchi: liberale e cristiano. Il blocco liberale, che dopo la “Tavola rotonda” assunse il governo, voleva in breve periodo inserire le riforme del libero mercato, senza alcun riferimento a valori etici e sociali. In un certo senso hanno trovato un linguaggio comune con i comunisti, che sono diventati i primi capitalisti polacchi, acquisendo ancora prima della “Tavola rotonda” buona parte della proprietà statale. Quindi adesso erano molto interessati alle riforme per un libero mercato. Mentre Wojciech Jaruzelski presidente dello Stato, di provenienza comunista, parlava del bisogno di una coalizione riformista (proreformatorska), Adam Michnik – proveniente da “Solidarność” parla del bisogno di una coalizione di saggi dopo quella degli stolti. In entrambi i casi, non importava la provenienza politica: la “Tavola rotonda” aveva colmato il fossato tra “noi” e “loro”.4

Purtroppo col tempo questa divisione di “Solidarność” si è acutizzata, con la famosa “wojna na górze” (guerra in alto), iniziata da Lech Wałęsa contro T. Mazowiecki, e tutto il suo ambiente liberale. Dopo Lech Wałęsa si crea anche un fronte radicale di “Solidarność”.

Nell’anno 1991 cade il parlamento del contratto, quello eletto dopo la “Tavola rotonda”. Con le nuove elezioni, ormai pienamente demo-cratiche, viene eletto un nuovo parlamento, composto da tanti piccoli partiti, con “Solidarność” già divisa in tante piccole fazioni. Si forma una coalizione dei partiti della destra e presidente del consiglio viene nominato Jan Olszewski.

Questo governo è di breve durata. Olszewski voleva liberare “Solidarność” dalle conseguenze del patto della “Tavola rotonda”, voleva aprire e render pubblici gli archivi dei servizi segreti comunisti e voleva rallentare le riforme del libero mercato, perché, nei primi anni della riforma, il popolo aveva sofferto molto. La spinta liberale del patto è però molto forte, e dopo la famosa “seduta di notte” del parlamento, convocata da presidente Lech Wałęsa, il governo cade. Lech Wałęsa rimane così solo, stretto tra la fazione liberale e quella radicale di “Solidarność”.

Una tale situazione di spaccatura nel Parlamento non regge a lungo. Nel 1993 si indicono nuovi elezioni. “Solidarność”, a causa della divisione in piccoli partiti e della difficile gestione delle riforme, perde le elezioni, e così, già nel anno 1993, tornano al governo gli ex-comunisti.

Durante il governo di “Solidarność” si discute continuamente se e fino a che punto sono accettabili i legami tra sindacato e politica. Il dilemma del sindacato era come difendere i lavoratori e contemporaneamente riformare lo Stato? Le riforme hanno un alto costo sociale e creano un’enorme disoccupazione strutturale, a causa del totale cambiamento del tipo di economia. Se da una parte si ritengono indispensabili le riforme, dall’altra il ruolo del sindacato è tutelare i diritti dell’uomo, non quello di riformare lo Stato.

In tale situazione i responsabili delle riforme cercano di coinvolgere il sindacato per giustificare attraverso il legame col sindacato la necessità della riforma; possono così attirare il consenso della gente ad una tale riforma dell’economia e chiedere al popolo di accettare tutto ciò che è indispensabile per la riforma, ovvero un enorme costo sociale. Z. Najder scrive che non si può distaccare l’attività sindacale da quella civile, che riguarda la riforma dello Stato. Si devono bilanciare le esigenze sociali della gente e le necessità dello Stato, che, per garantire il futuro benessere della stessa gente, deve tagliere la spesa sociale.5

Un’importante domanda la pone H. Bortnowska: Chi, in tale situazione deve difendere gli operai?6 Rinunciare alla risposta a questa domanda era costato a “Solidarność” le elezioni perse nel 1993. Secondo A. Levitas ci sono due modi di riformare lo Stato: quello liberale, e quello socialdemocratico. Il primo cerca di riformare lo stato tramite un rapido passaggio al libero mercato ed un veloce processo di privatizzazioni. L’ombrello sociale rallenta soltanto il processo di cambiamento, e in verità non serve alla gente. Il modello socialdemocratico invece riconosce il bisogno della tutela sociale e afferma che il libero mercato non può essere introdotto da un giorno all’altro, perché la gente deve maturare e prendere consapevolezza dei cambiamenti. La Polonia, in questione, ha scelto la strada liberale della riforma.7

Le elezioni perse nel 1993 fecero tornare gli ex-comunisti al governo. Il costo della riforma fu così forte che dopo quattro anni anche gli ex-comunisti perdono le elezioni. M. Krzaklewski, presidente di “Solidarność”, costruisce il comitato elettorale dei partiti provenienti da “Solidarność” – AWS, che vince le elezioni del 1997. Il nuovo presidente del consiglio Jerzy Buzek, dopo il rallentamento delle riforme nel periodo del governo ex-comunista, introduce quattro grandi riforme: nell’amministrazione pubblica, nel sistema delle pensioni, nella sanità e nell’istruzione. Il costo sociale di queste riforme è enorme e quattro anni dopo, “Solidarność” perde di nuovo il potere.

Tornano gli ex-comunisti del SLD e governano dal 2001 al 2005. Questi anni di governo di SLD sono macchiati da diversi scandali di corruzione e truffa che coinvolgono il partito governante. A causa di questi scandali nelle elezioni 2005 torna al governo “Solidarność”, rappresentata da PIS, e dai fratelli gemelli Lech e Jarosław Kaczyński.

Per quanto riguarda il presidente dello Stato, nel 1995 Lech Wałęsa perde le elezioni, e gli subentra Aleksander Kwaśniewski, proveniente dal partito ex-comunista, che nel 2000 viene rieletto. Lo sconfitto a queste elezioni è Marian Krzaklewski, presidente della centrale sindacale e capo di AWS. Questo è il prezzo pagato per le quattro grandi riforme dello Stato, che nel frattempo AWS portava avanti. Nel 2005 A. Kwaśniewski conclude la sua presidenza, non può essere più rieletto, e esce dalla politica in quell’atmosfera di scandalo che coinvolge tutto il partito SLD. Le elezioni le vince Lech Kaczyński.

Dopo aver perso le elezioni a presidente dello Stato nel 2000, Marian Krzaklewski, lascia anche la centrale sindacale. Nel 2002 viene eletto il nuovo presidente di “Solidarność”, Janusz Śniadek, che apertamente decide di chiudere tutti i rapporti del sindacato con la politica e tornare alla propria missione sindacale.8 Adesso, nel 2006, è stato rieletto, e continua la sua missione sindacale.

Riguardando la storia del sindacato “Solidarność” possiamo notare che fino all’elezione di Janusz Śniadek nel 2002 esisteva un forte legame tra la centrale sindacale “Solidarność” e la politica. Nel parlamento eletto nel 1989 aveva conquistato tutti i possibili posti del parlamento. Nelle elezioni di 1991, “Solidarność” era già divisa in diversi piccoli partiti politici e nel parlamento era entrata anche una piccola rappresentanza del sindacato stesso. Nelle elezioni del 1993 “Solidarność” non ha superato la soglia di 5% e non è riuscito ad entrare in parlamento. Per le elezioni di 1997 una nuova legge stabilì che nessun sindacato potesse prender parte alle elezioni. Perciò il presidente di“Solidarność” Marian Krzeklewski formò il comitato elettorale AWS, formalmente differente dal sindacato stesso e vinse le elezioni. Nelle elezioni 2001 AWS non riuscì a superare la soglia di 5% e non entrò nel parlamento. Dopo le elezioni del 2005 il sindacato non entrò più in parlamento per propria decisione. L’attuale governo del PIS, che comunque proviene dal movimento “Solidarność”, ed ha avuto l’avallo dalla centrale sindacale durante le ultime elezioni, è ben distinto dal sindacato stesso.

Concludendo occorre notare che secondo la Dottrina Sociale della Chiesa nessun sindacato dovrebbe diventare un partito politico e neanche essere troppo legato con esso.9 Per poter rappresentare le esigenze dei lavoratori deve essere libero epdf indipendente dal governo e da ogni partito politico. I partiti politici puntano costantemente a vincere le elezioni, quindi la loro funzione è diversa da quella del sindacato. Il governo è responsabile per la politica dello Stato e non si può limitare solo alla difesa dei lavoratori. Nel dialogo sociale il governo e il sindacato sono ai lati opposti. Il governo rappresenta l’interesse dello Stato, il sindacato quello degli operai. Non si possono confonderne le funzioni, altrimenti il dialogo non sarà possibile, e non si possono realizzare i compiti di entrambi i soggetti. “Solidarność” tornando alla propria missione sindacale, è tornato anche alle esigenze della Dottrina Sociale della Chiesa, che ha incluso nel proprio statuto come una delle basi della propria azione.

 

NOTE:

1 Cfr. Kołakowski L. Wyłom w murze - lekcja oporu Polski, in: Wydak, Don C. Lavoie (a cura di), Solidarność z wolnością, , Instytut CATO in SU, pp. 27-37.
2 Cfr. Styczeń T., Solidarność wyzwala, KUL, Lublin, 1993, p. 197.
3 Cfr. J. Dworak, wybory 1989, „ Tygodnik Solidaność”, n.1, 2.06.1989, s. 3.
4 W. Arkuszewski, Spór o linię solidarności, in: Tygodnik Solidarność”, n. 4, 24. 06. 1989, p. 7.
5 Z. Najder, Jaki zwizek?, in: „Tygodnik Solidarność”, n. 7, 14. 07. 1989, p. 3.
6 H. Bortnowska, Jaka “Solidarność”?, , in: „Tygodnik Solidarność”, n 5, 29.06.1989, p. 7.
7 A. Levitas, Inna “Solidarność”?, , in: „Tygodnik Solidarność”, n. 9, 28.07.1989, p. 5.
8 M. Łętowski, Wygrał Śniadek, , in: „Tygodnik Solidarność”, n. 40, 4.10. 2002, p. 6.
9 Papieska Rada Iustitia et Pax, Kompendium nauki społecznej Kościoła, Jedność, Kielce 2005, p. 205.

 

 

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