Seleziona la tua lingua

Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

pdf

 

Peccato e virtù nell'età tecnologica

Per una teologia morale dell'uso responsabile della tecnica

 

Edoardo Mattei

 

Abstract

La crescente pervasività delle tecnologie digitali nella vita umana richiede una riflessione morale che superi i confini dell'etica della progettazione e della regolazione algoritmica. Partendo dall'analogia con il peccato ecologico e fondandosi sulla dottrina delle virtù, questo studio propone un quadro teologico-morale per l'agire tecnologico. L'analisi si concentra sulla definizione di peccato tecnologico e sull'elaborazione di una tipologia di virtù tecnologiche che non costituiscono semplici correttivi comportamentali, ma vere forme di resistenza etica e spirituale nell'ambiente digitale. Le virtù tecnologiche - dalla prudenza digitale alla contemplazione analogica - declinano nel contesto contemporaneo le virtù cardinali e teologali, offrendo strumenti per valutare la vicinanza o lontananza delle dinamiche tecnologiche rispetto a un ordine morale oggettivo. Il lavoro si colloca nell'orizzonte di un'etica cristiana capace di affrontare le sfide della contemporaneità tecnologica, proponendo un'antropologia che non rifiuta la tecnica ma la trasfigura, riconoscendo nella tecnologia uno spazio di conversione e di realizzazione della vocazione umana alla santità.

Introduzione

Nel corso del XXI secolo, la tecnologia è divenuta un ambiente antropologico, culturale e spirituale[1]. Non si limita più a essere uno strumento esterno all'uomo, ma configura l'orizzonte in cui egli vive, comunica, decide. In tale contesto, la teologia morale è chiamata a confrontarsi non solo con l'etica della progettazione tecnologica, ma anche con la responsabilità personale dell'uomo nell'uso quotidiano della tecnica. Da qui l'esigenza di una riflessione che, sul modello di quella ecologica[2], affronti il tema del peccato tecnologico e della corrispettiva virtù tecnologica.

L'urgenza di questa riflessione emerge dalla constatazione che la tecnologia non è mai neutra[3]: ogni dispositivo, algoritmo, piattaforma porta con sé una visione implicita dell'uomo e della società. L'uso responsabile della tecnologia diventa quindi non solo questione di competenza tecnica, ma di maturità morale e spirituale. Il presente lavoro intende offrire strumenti concettuali per navigare questa complessità recuperando la ricchezza della tradizione teologica e applicandola alle sfide contemporanee.

1. Tecnologia e morale: quadro teorico

L'azione tecnica è parte costitutiva dell'essere umano. La capacità di trasformare il mondo attraverso strumenti è un tratto originario dell'homo faber. Tuttavia, nella modernità avanzata, la tecnica ha acquisito una propria autonomia, non più come semplice mezzo, ma come logica globale di organizzazione della realtà[4]. Questo mutamento richiede una nuova comprensione dell'azione morale[5], che non può prescindere dall'ambiente tecnomediato in cui l'uomo agisce.

La tecnologia contemporanea si caratterizza per la sua capacità di creare nuovi ambienti esistenziali[6]. L'intelligenza artificiale e i social media non sono semplicemente strumenti che l'uomo utilizza, ma spazi in cui abita, pensa e si relaziona. Il loro usa determina dei cambiamenti concettuali[7] e modifiche dei contesti relazionali che la teologia morale deve saper interpretare e orientare[8].

Diventa sempre più chiara l’azione della tecnologia nel mediare le relazioni, strutturare i comportamenti e condizionare le scelte. Non è mai neutra: ogni artefatto porta con sé un progetto implicito di mondo, una visione dell'uomo e della società. Da qui l'esigenza di valutare non solo le intenzioni soggettive, ma anche gli effetti sistemici e le logiche incorporate negli strumenti tecnici[9].

Gli algoritmi di raccomandazione, per esempio, non si limitano a suggerire contenuti, ma plasmano i gusti e orientano le preferenze fino a definire i confini dell'esperienza possibile. I social media non sono solo piattaforme di comunicazione, ma architettano specifiche modalità di relazione, privilegiano certi tipi di interazione oppure ne scoraggiano altri. Riconoscere questo potere configurante della tecnologia significa valutare quanto le sue logiche favoriscano la ricerca della verità o la disperdano nella relatività delle preferenze individuali, se promuovano relazioni autentiche fondate sulla dignità della persona o le riducano a interazioni funzionali e strumentali. Il lavoro etico richiede di misurare costantemente la distanza tra le dinamiche tecnologiche e i principi morali universali, per orientare l'uso della tecnologia verso ciò che è oggettivamente buono e vero.

Questo comporta una dislocazione della responsabilità: l'agente morale non agisce più direttamente, ma attraverso sistemi che amplificano, opacizzano o trasformano le sue intenzioni. La teologia morale deve dunque confrontarsi con nuove forme di responsabilità indiretta, delegata o collettiva.

Quando condividiamo un contenuto sui social media, per esempio, la nostra azione viene processata da algoritmi che decidono chi lo vedrà, in che momento e in quale contesto. La responsabilità morale dell'atto di condivisione non può prescindere da questa mediazione tecnologica[10]. Analogamente, quando utilizziamo un sistema di intelligenza artificiale per prendere decisioni, dobbiamo considerare i bias incorporati nell'algoritmo e le logiche che lo governano.

L'etica della tecnologia si è tradizionalmente concentrata sulla progettazione (ethics by design), sulla trasparenza algoritmica e sulla equità nei sistemi automatici[11]. Tuttavia, esiste una seconda dimensione, spesso trascurata: l'etica dell'uso. In analogia con il mondo automobilistico possiamo affermare che progettare un veicolo sicuro è importante (etica della tecnologia), ma altrettanto lo è guidarlo responsabilmente (etica dell’uso). È in quest'area che si collocano il concetto di peccato tecnologico e le virtù corrispondenti.

L'etica dell'uso si concentra sulla responsabilità dell'utilizzatore finale, sulla sua capacità di prudenza, sulla sua formazione morale[12]. Presuppone che, anche di fronte a tecnologie ben progettate, l'uomo conservi uno spazio di libertà e responsabilità che può essere esercitato virtuosamente o viziosamente, può contribuire al bene comune o danneggiarlo.

2. Il peccato tecnologico: fondamenti e forme

Il peccato, nella tradizione cristiana, è una rottura della relazione con Dio, con gli altri e con il creato, causata da una scelta volontaria contro l'ordine del bene. La violazione della legge è anche perdita di armonia e distorsione del fine ultimo dell'uomo. Il peccato comporta sempre una dimensione personale (la libera scelta del soggetto) e una dimensione relazionale (la rottura dei legami fondamentali).

Nella prospettiva tomista, il peccato è essenzialmente una conversio ad bonum commutabile cum aversione ab incommutabili bono[13]: un volgersi verso beni mutevoli accompagnato da un'avversione dal bene immutabile. Papa Francesco con la Laudato si', ha allargato la comprensione corrente del peccato includendo le sue dimensioni sociali e strutturali. Il peccato ecologico è un esempio di tale ampliamento: esso riguarda comportamenti collettivi e personali che danneggiano la casa comune e compromettono il futuro delle generazioni[14].

Il peccato ecologico ha rappresentato una svolta paradigmatica: ha mostrato come comportamenti apparentemente neutrali (consumare, produrre, viaggiare) possano avere implicazioni morali profonde quando considerati nel loro impatto sistemico. Analogamente, il peccato tecnologico nasce dalla consapevolezza che l'uso della tecnologia è sempre inserito in una rete di relazioni e conseguenze.

In analogia con il peccato ecologico, si propone la seguente definizione: «Il peccato tecnologico è l'uso moralmente disordinato della tecnologia da parte della persona, che, per scelta o negligenza, viola i principi del bene comune, della giustizia, della carità o della dignità umana, danneggiando se stesso, gli altri o il creato attraverso le sue azioni tecnomediate».

Tra le forme concrete del peccato tecnologico si possono annoverare:

  • La disumanizzazione: l'uso di algoritmi che riducono l'altro a dato statistico, che ignorano la complessità e unicità della persona umana o che prendono decisioni che richiederebbero una valutazione umana.
  • L'alienazione digitale: forme di iperconnessione che compromettono la capacità di relazione autentica, di concentrazione, di contemplazione.
  • La manipolazione informativa: include il cyberbullismo, la diffusione consapevole di false informazioni, l'uso di deepfake per ingannare, la creazione di contenuti fuorvianti.
  • La violazione della privacy: l'uso improprio dei dati personali, la sorveglianza non consensuale, l'invasione della sfera privata.
  • L'idolatria tecnologica: la tecnolatria che attribuisce alla tecnologia poteri salvifici, la delega assoluta all'intelligenza artificiale di decisioni che richiedono saggezza umana, la fiducia cieca negli algoritmi.

Il peccato tecnologico può manifestarsi come peccato personale (uso irresponsabile di social media, consumo compulsivo di contenuti digitali, cyberbullismo) o come peccato sistemico, laddove interi ecosistemi digitali promuovono dinamiche ingiuste o disumanizzanti. In questo senso, si configura come una nuova forma di struttura di peccato.

Le strutture di peccato tecnologico sono particolarmente insidiose perché spesso invisibili agli utenti finali. I modelli di business basati sulla cattura dell'attenzione, gli algoritmi che amplificano i contenuti polarizzanti, le piattaforme che monetizzano i dati personali senza consenso informato rappresentano forme sistemiche di peccato che influenzano e condizionano le scelte individuali[15].

3. La virtù tecnologica: fondamenti e necessità

San Tommaso d'Aquino definisce la virtù come habitus operativus bonus: [16] una disposizione acquisita che inclina stabilmente al bene. La virtù non è quindi una regola esterna, ma una seconda natura che rende l'agire buono spontaneo e gioioso e si acquisisce attraverso l'esercizio, la ripetizione di atti buoni e la formazione delle virtù.

La tecnologia interpella la libertà dell'uomo, ponendolo di fronte a scelte quotidiane che hanno rilevanza etica. Occorre, quindi, riconoscere che l'uso della tecnologia è un atto morale che le virtù tecnologiche aiutano a integrare l'agire tecnico nella vita buona. La sovrabbondanza di informazioni richiede prudenza nell’accordare fiducia; la facilità di comunicazione globale richiede giustizia nell'uso delle parole; la potenza degli strumenti digitali richiede temperanza nell'uso; la pressione conformista dei social media richiede fortezza nel mantenere la propria identità.

Hans Jonas, nel suo Principio responsabilità, aveva già intuito come la tecnologia moderna richiedesse una nuova etica, capace di considerare gli effetti a lungo termine e su larga scala delle azioni umane[17]. Le virtù tecnologiche si inseriscono in questa prospettiva offrendo una risposta razionale ed esistenziale alle sfide etiche della tecnica e trasformano il lavoro tecnico e l'uso delle tecnologie in vie di carità, di giustizia e di contemplazione. Il programmatore che scrive codice pulito ed efficiente, il designer che crea interfacce accessibili, l'utente che usa i social media per costruire comunità: tutti possono trovare nella tecnologia un'occasione di crescita spirituale, anzi, la tecnologia diventa un ambito in cui l'uomo può realizzare la propria vocazione alla santità.

La formazione di queste virtù è particolarmente urgente. L'ambiente mediale è saturo di stimoli, accelerato nei ritmi, spesso privo di criteri condivisi. In tale scenario, le virtù tecnologiche offrono una bussola morale, aiutano a riconoscere il vero dal falso, l'essenziale dal superfluo e il bene comune dall'interesse individuale. L’opinione digitale richiede competenze specifiche per valutare l'attendibilità delle fonti, riconoscere la manipolazione emotiva, gestire la propria attenzione o mantenere la capacità di concentrazione profonda. Queste competenze non sono solo tecniche, ma profondamente etiche e spirituali.

4. Tipologia delle virtù tecnologiche[18]

La prudenza digitale è la capacità di valutare rischi, tempi e contesti dell'uso tecnologico. Include la saggezza nel condividere informazioni personali, la capacità di riconoscere contenuti falsi o fuorvianti, la valutazione dell'affidabilità delle fonti online. Si manifesta nella scelta consapevole di quando essere online e quando disconnettersi, nell'uso appropriato dei diversi canali di comunicazione, nella gestione accorta della propria identità digitale. I vizi contrari alla prudenza digitale sono l'imprudenza (condividere informazioni sensibili senza riflettere), l'impulsività (reagire immediatamente senza valutare le conseguenze), l'esposizione eccessiva (rendere pubblica la propria vita privata avventatamente).

La giustizia informativa riguarda l'agire equo nella gestione e diffusione dell'informazione. Include la verifica delle notizie prima di condividerle, il rispetto dei diritti d'autore, la corretta attribuzione delle fonti, l'attenzione a non diffondere stereotipi o discriminazioni. Si estende anche all'equità nell'accesso alle tecnologie e alla lotta contro il divario digitale. I vizi contrari sono la disinformazione (diffondere consapevolmente notizie false), la manipolazione (alterare informazioni per scopi personali), l'appropriazione indebita (usare contenuti altrui senza autorizzazione), l'esclusione digitale (ignorare chi non ha accesso alle tecnologie).

La temperanza digitale è la misura nell'uso del tempo, delle app, dei social media. Include la capacità di gestire il proprio tempo online, di resistere alla dipendenza dai dispositivi, di mantenere un equilibrio tra vita digitale e vita offline. Si manifesta nella scelta consapevole di quando utilizzare la tecnologia e quando farne a meno. I vizi contrari sono l'iperconnessione (essere sempre online), la dipendenza (non riuscire a staccarsi dai dispositivi), l'escapismo (usare la tecnologia per fuggire dalla realtà), il consumismo digitale (accumulare app, dispositivi, contenuti senza necessità).

La fortezza cognitiva è la capacità di resistere alla pressione dell'omologazione digitale e di mantenere un pensiero critico. Include la resistenza alla manipolazione algoritmica, la capacità di formarsi opinioni autonome, il coraggio di esprimere posizioni controcorrente quando necessario. Si manifesta nella capacità di uscire dalle bolle informative e di confrontarsi con opinioni diverse. I vizi contrari sono il conformismo (seguire acriticamente le opinioni dominanti online), la delega passiva (lasciare che gli algoritmi decidano cosa pensare), la polarizzazione (chiudersi in posizioni estreme senza dialogo).

La sobrietà mediale è la capacità di vivere con meno tecnologia quando necessario, di scegliere consapevolmente la semplicità, di non lasciarsi dominare dal desiderio di avere sempre l'ultimo dispositivo. Include la capacità di apprezzare la tecnologia senza idolatrarla, di usarla senza esserne posseduti. I vizi contrari sono l'accumulo (comprare dispositivi senza necessità), il feticismo del dispositivo (adorare la tecnologia per se stessa), l'obsolescenza programmata dell'anima (cambiare continuamente identità digitale seguendo le mode).

La carità digitale è la capacità di promuovere il bene dell'altro nello spazio digitale. Include la gentilezza online, l'attenzione ai più vulnerabili, l'uso della tecnologia per costruire comunità, l'impegno per la giustizia sociale attraverso mezzi digitali. Si manifesta nel rifiuto dell'odio online, nella protezione dei più deboli, nella promozione del dialogo costruttivo. I vizi contrari sono l'odio online (cyberbullismo, hate speech), il trolling (provocare per il piacere di disturbare), l'indifferenza (ignorare le sofferenze altrui online), la strumentalizzazione (usare gli altri per i propri scopi).

La custodia tecnosociale è l'uso delle tecnologie per la cura degli altri e dell'ambiente. Include l'attenzione all'impatto ambientale delle tecnologie, la promozione dell'inclusione digitale, l'uso della tecnologia per proteggere i più vulnerabili. Si manifesta nella scelta di tecnologie sostenibili, nell'aiuto a chi è in difficoltà con le tecnologie, nell'uso di piattaforme che rispettano la privacy. I vizi contrari sono lo sfruttamento (usare la tecnologia per danneggiare altri), il disinteresse (ignorare le conseguenze ambientali e sociali delle proprie scelte tecnologiche), l'esclusione (creare barriere digitali invece di abbatterle).

La contemplazione analogica è la capacità di preservare spazi di silenzio, lentezza, presenza reale nel mondo digitale. Include la capacità di contemplare la bellezza anche attraverso i mezzi digitali, di trovare Dio nell'ambiente tecnologico, di mantenere la dimensione contemplativa della vita. Si manifesta nella capacità di pregare con e nonostante la tecnologia, di trovare momenti di raccoglimento, di apprezzare la bellezza digitale senza perdere il senso del sacro. I vizi contrari sono il rumore digitale (riempire ogni momento con stimoli tecnologici), l'iperattività mentale (non riuscire mai a fermarsi), la perdita del senso del sacro (ridurre tutto a informazione e calcolo).

Le virtù tecnologiche non sostituiscono le virtù tradizionali, ma le declinano nel contesto digitale contemporaneo. Ogni virtù tecnologica ha radici profonde nella tradizione cristiana, ma sviluppa specificità legate alle sfide dell'ambiente digitale.

La prudenza digitale sviluppa la prudenza nel contesto dell'informazione sovrabbondante e della comunicazione mediata. La specificità contemporanea riguarda la valutazione di rischi informatici, la gestione dei tempi di esposizione, il riconoscimento delle fonti attendibili in un ambiente dove chiunque può pubblicare qualsiasi cosa.

La giustizia informativa e la custodia tecnosociale declinano la giustizia nel contesto della società dell'informazione. La specificità riguarda l'equità nell'accesso alle tecnologie, la non manipolazione dell'informazione, la protezione dei dati personali, la lotta contro le discriminazioni algoritmiche.

La fortezza cognitiva e la sobrietà mediale sviluppano la fortezza classica nel contesto della pressione algoritmica e della dipendenza tecnologica. La specificità riguarda la resistenza alla manipolazione digitale, la gestione delle dipendenze tecnologiche, il mantenimento dell'autonomia di pensiero in un ambiente che tende all'omologazione.

La temperanza digitale declina la temperanza classica nel contesto del consumo e dei tempi digitali. La specificità riguarda la regolazione del tempo online, la gestione dell'attenzione, l'evitamento del consumo compulsivo di contenuti e dispositivi.

Le virtù teologali trovano anch'esse nuove declinazioni nell'ambiente digitale.

La contemplazione analogica sviluppa la fede nel contesto tecnocratico, aiutando a ritrovare il senso del limite e del mistero. In un mondo che tende a ridurre tutto a informazione e calcolo, la contemplazione analogica mantiene aperto lo spazio per l'ineffabile, per ciò che non può essere digitalizzato.

La speranza digitale si manifesta nella fiducia che la tecnologia possa servire la realizzazione del Regno di Dio sulla terra, unita alla fiducia nella capacità dell'uomo di sapersi adeguare creativamente e responsabilmente alle trasformazioni digitali. Essa guarda oltre le derive alienanti del presente digitale per intravedere le possibilità di connessione autentica, di democratizzazione della conoscenza e di superamento delle barriere geografiche e sociali. La speranza digitale non è ingenuo ottimismo tecnologico, ma virtù teologale che sa riconoscere i segni dei tempi anche nelle trasformazioni digitali, riconoscendo in esse strumenti potenziali per l'edificazione di una civiltà più giusta e fraterna, confidando al contempo nella capacità umana di orientare e governare questi processi secondo la propria vocazione.

La carità digitale e la custodia tecnosociale sviluppano la speranza, vedendo nella tecnologia uno strumento di riscatto e solidarietà. Invece di subire passivamente le logiche del mercato digitale, queste virtù promuovono un uso della tecnologia orientato al bene comune e alla liberazione degli oppressi.

La carità digitale declina la carità classica nel contesto della comunicazione virtuale, insegnando a comunicare con amore anche negli ambienti digitali, a evitare l'odio online, a costruire comunità autentiche nonostante la mediazione tecnologica.

5. Implicazioni per la formazione cristiana

La pastorale contemporanea è chiamata a includere l'educazione digitale tra le sue priorità[19]. Giovani e adulti necessitano di strumenti formativi per abitare il mondo digitale in modo etico e spiritualmente fruttuoso, perciò la formazione alle virtù tecnologiche deve divenire parte integrante dei percorsi catechetici, educativi, familiari.

Questo richiede un aggiornamento della formazione dei catechisti, degli educatori, dei genitori. Non basta più insegnare l'uso tecnico degli strumenti digitali; occorre educare la coscienza cristiana per l'ambiente digitale altrimenti la coscienza si appiattisce su norme esterne o si disorienta nei flussi informativi[20]. I percorsi formativi devono includere momenti di riflessione sull'uso responsabile della tecnologia, esercizi pratici di giudizio digitale, testimonianze di chi ha saputo vivere virtuosamente nell'ambiente digitale.

I principi della Dottrina Sociale della Chiesa — dignità della persona, bene comune, solidarietà, sussidiarietà — trovano nuove declinazioni nell'era digitale[21]. È necessario un aggiornamento critico che valorizzi l'apporto delle tecnologie ma ne denunci anche le derive. Le virtù tecnologiche offrono un linguaggio adatto a questo scopo. La dignità della persona nell'era digitale richiede protezione dei dati personali, resistenza alla profilazione invasiva, rispetto della privacy e contrasto alle discriminazioni algoritmiche[22]. Il bene comune richiede equità nell'accesso alle tecnologie, trasparenza degli algoritmi e sostenibilità ambientale del digitale. La solidarietà[23] si manifesta nell'aiuto ai più vulnerabili nell'accesso e uso delle tecnologie, nella condivisione delle competenze digitali e nell'uso delle piattaforme per la giustizia sociale. La sussidiarietà richiede che le tecnologie potenzino le capacità umane invece di sostituirle, che favoriscano l'autonomia invece della dipendenza.

La trasmissione della fede e la crescita spirituale avvengono oggi anche nei contesti digitali[24]. È urgente promuovere una spiritualità connessa che non si lasci assorbire dal rumore digitale e sappia vivere con profondità anche online. La virtù della contemplazione analogica può fungere da correttivo e da guida. La catechesi digitale deve saper utilizzare le potenzialità dei mezzi tecnologici (interattività, multimedialità, accessibilità) senza perdere la profondità del messaggio cristiano. La sfida è mantenere la dimensione kerygmatica, contemplativa, comunitaria della fede anche nell'ambiente digitale.

Come già avviene per l'ambito ecologico, anche l'ambiente tecnologico merita una riflessione personale e comunitaria. Si propone l'elaborazione di un esame della propria condotta tecnologico (quella che in linguaggio comune è conosciuto come l’esame di coscienza) che aiuti a interrogarsi su: tempo speso online, verità delle informazioni condivise, rispetto dell'altro nei commenti, sobrietà nei consumi digitali, attenzione agli esclusi tecnologici.

Domande per questo esame tecnologico[25]:

  • Prudenza digitale: Come gestisco le mie informazioni personali online? Verifico le notizie prima di condividerle? Valuto l'attendibilità delle fonti?
  • Giustizia informativa: Rispetto i diritti d'autore? Attribuisco correttamente le fonti? Evito di diffondere stereotipi o discriminazioni?
  • Temperanza digitale: Quanto tempo passo online? Riesco a staccarmi dai dispositivi? Mantengo un equilibrio tra vita digitale e offline?
  • Fortezza cognitiva: Resisto alla pressione dell'omologazione online? Mantengo un pensiero critico? Sono disposto a cambiare opinione di fronte a evidenze contrarie?
  • Sobrietà mediale: Compro dispositivi di cui ho realmente bisogno? Sono ossessionato dall'avere sempre l'ultima novità tecnologica?
  • Carità digitale: Sono gentile nei miei commenti online? Difendo chi viene attaccato ingiustamente? Uso i social media per costruire comunità?
  • Custodia tecnosociale: Considero l'impatto ambientale delle mie scelte tecnologiche? Aiuto chi ha difficoltà con le tecnologie? Proteggo i più vulnerabili online?
  • Contemplazione analogica: Riesco a trovare momenti di silenzio e raccoglimento? Prego anche utilizzando mezzi digitali? Mantengo il senso del sacro nell'ambiente tecnologico?

6. Sviluppi futuri

La riflessione su peccato e virtù nell’età tecnologica non rappresenta un’appendice marginale della teologia morale, ma ne costituisce oggi uno dei terreni più fertili e necessari di rinnovamento. La tecnologia, infatti, non si limita a offrire strumenti; essa riconfigura il senso stesso dell’esperienza umana, plasmandone le categorie fondamentali: tempo, spazio, relazione, verità. In questo contesto, l’elaborazione delle categorie di peccato tecnologico e virtù tecnologiche non risponde a una semplice esigenza di aggiornamento, bensì a un’urgenza antropologica e pastorale di primo piano.

I futuri sviluppi di questa proposta devono muoversi lungo almeno tre direttrici principali.

Anzitutto, occorre riconoscere che l’epoca digitale costituisce un nuovo ambiente rivelativo della condizione umana ferita e redenta. L’agire tecnomediato diventa luogo di manifestazione dei conflitti fondamentali tra libertà e controllo, tra presenza e dispersione, tra dono e consumo. In questa prospettiva, le virtù tecnologiche non sono meri correttivi comportamentali, ma vere e proprie forme di resistenza etica e spirituale. Consentono di leggere la tecnologia come spazio di conversione laddove il peccato di disumanizzazione incontra la possibilità della carità digitale e la dispersione attentiva può essere trasformata in contemplazione analogica.

Una teologia morale che intenda parlare all’uomo contemporaneo non può eludere tale compito interpretativo. La sfida è cogliere nella tecnica un’opportunità di rivelazione del desiderio umano di relazione e di verità. Le virtù tecnologiche, in questa luce, agiscono come segni escatologici, piccoli esercizi quotidiani di libertà responsabile che anticipano la riconciliazione promessa.

In secondo luogo, la proposta apre lo spazio per una rigenerazione dell’antropologia cristiana alla luce delle trasformazioni digitali. L’«io» diventa un’identità relazionale e dinamica continuamente performata da ambienti tecnomediati. In tale scenario, la dignitas humana si gioca nella capacità di valutare, selezionare, resistere, agire con libertà e responsabilità in contesti altamente condizionanti.

Le virtù tecnologiche diventano allora strumenti di sussistenza dell’identità personale e il peccato tecnologico si mostra come nuova forma di alienazione e idolatria. La soggettività umana, sempre in relazione al proprio Creatore, trova nella vita digitale un nuovo campo di prova della propria vocazione alla libertà e alla comunione. Occorre, pertanto, un’antropologia che affermi la tecnica, l’attraversi e la trasfiguri facendo emergere il soggetto capace di dono, di giustizia e di comunione anche nell’era dei dati.

Infine, si aprono prospettive pastorali e politiche di ampio respiro. Il giudizio morale sulle tecnologie non può essere affidato solo a commissioni etiche o a specialisti. È necessario pensare una ascesi digitale comunitaria, fatta di esercizi condivisi, stili di vita sobri, tempi di disconnessione, pratiche di silenzio e contemplazione. La formazione cristiana dovrà integrare competenze digitali ed esercizi spirituali, offrendo strumenti per abitare la rete senza esserne assorbiti.

La Chiesa è chiamata, inoltre, a contribuire alla costruzione di un nuovo linguaggio teologico-politico, capace di denunciare le strutture di peccato insite nei modelli di business delle piattaforme digitali, ma anche di annunciare la possibilità di un uso redento e umanizzante della tecnologia. Le virtù tecnologiche possono così diventare segni pubblici di speranza, testimoniando che è possibile vivere una vita buona anche nell’ambiente digitale.

Non si tratta, in ultima istanza, di salvare la tecnologia, ma di salvare l’umano nella tecnologia. Per questo, la proposta non si esaurisce in un’etica settoriale, ma si configura come una teologia dell’umano nell’epoca della tecnica, aperta al mistero di una redenzione che non rifiuta la tecnica, ma la trasfigura.

Conclusione

Questa ricerca ha mostrato come il binomio peccato/virtù tecnologici trascenda l’etica applicativa: è dispositivo critico per interrogare le metamorfosi dell’umano. Nelle virtù tecnologiche – dalla prudenza digitale alla contemplazione analogica – non si codifica un comportamento, ma si disvela un conflitto antropologico tra libertà e determinismo, tra relazione e isolamento, tra profondità e superficie. Il peccato tecnologico e le virtù tecnologiche non sono categorie estrinseche, sono strumenti per interpretare l'agire umano nell'epoca digitale secondo una visione cristiana dell'uomo.

Recuperare il linguaggio della virtù consente di promuovere una cultura dell'uso responsabile, della riflessione etica e della cura relazionale. In un tempo in cui le tecnologie tendono a de-soggettivare e a frammentare l'identità, le virtù tecnologiche aiutano a ricostruire un'etica dell'unità e della presenza.

La proposta di definire un peccato tecnologico e le corrispondenti virtù tecnologiche è alieno da un atteggiamento di condanna verso la tecnologia, al contrario riconosce che ogni ambiente umano è anche ambiente morale. La tecnologia, come ogni realtà creata, può essere occasione di peccato o di santificazione, strumento di divisione o di comunione e via di alienazione o di redenzione.

L'auspicio è che questa riflessione possa contribuire a una maggiore consapevolezza etica nell'uso delle tecnologie e a una formazione cristiana più attenta alle sfide del nostro tempo. Educare alle virtù non è solo un esercizio morale, ma un’urgenza pastorale e culturale. La teologia morale, se vuole restare fedele alla sua vocazione, deve abitare anche i confini digitali dell’umano, sostenendo l’integrazione tra vita spirituale e vita tecnomediata.

Le categorie di peccato e virtù, radicate nella tradizione, si rivelano strumenti fecondi per riconoscere le vie della giustizia, della carità e della santità anche nell’era digitale. Non si tratta di creare un moralismo tecnologico, ma di accompagnare l'uomo contemporaneo in un cammino di libertà responsabile, in cui la tecnologia non sia padrona ma serva della vita buona, umana e divina.

 

[1] Diversi filoni di pensiero filosofico e antropologico contemporaneo potrebbero supportare questa affermazione:

Filosofia della tecnologia. Citiamo tra i maggiori: Jacques Ellul, Il sistema tecnico. La gabbia delle società contemporanee, Jaca Book, Milano, 2009 e La tecnica rischio del secolo, Giuffré, Milano, 1969; Martin Heidegger, La questione della tecnica in Saggi e Discorsi, Mursia, Milano, 1954; Gilbert Simondon, Del modo di esistenza degli oggetti tecnici, Orthotes, Napoli, 2021; Pierre Teilhard de Chardin, Il fenomeno umano, Queriniana, Brescia, 2014; Bernard Stiegler, La tecnica e il tempo, Luiss University Press, Milano, 2023; Luciano Floridi, La quarta rivoluzione, Raffaello Cortina, Milano, 2017; Manuel Castells, L'età dell'informazione. Economia Società Cultura, Università Bocconi, Milano, 2004; Sherry Turkle, Insieme ma soli. Perché ci aspettiamo sempre più dalla tecnologia e sempre meno dagli altri, Codice, Torino, 2012

[2] In particolare si fa riferimento a Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’  (24 maggio 2015), nn. 2, 13, 87-92, 217; Assemblea Speciale per la Regione Panamazzonica, Amazzonia: Nuovi cammini per la Chiesa e per una Ecologia Integrale (26 ottobre 2019) nr 82; Costituzione pastorale Gaudium et Spes (7 dicembre 1965) nn. 34, 69; Benedetto XVI, Caritas in Veritate (29 giugno 2009) nr 48

[3] Tra i principali autori contemporanei che sostengono la non neutralità della tecnologia troviamo Luciano Floridi, Peter-Paul Verbeek, Bruno Latour, Langdon Winner, Alberto Romele. Ricordiamo anche i lavori significativi di Shannon Vallor (Technology and the Virtues, 2016), Yuk Hui (On the Existence of Digital Objects, 2016), José van Dijck (The Culture of Connectivity, 2013)

[4] Ellul, nei testi già ricordati, sviluppa l'idea che la tecnica nella società moderna abbia raggiunto una autonomia propria, non essendo più subordinata agli scopi umani ma diventando essa stessa il principio organizzatore della società.

[5] Cfr. Gianni Manzone, Morale artificiale. Nanotecnologie, intelligenza artificiale, robot. Sfide e promesse, EDB, Bologna 2020; Nicola Rotundo, Intelligenza artificiale. Un punto di vista etico-sociale, Armando Editore, Roma, 2024.

[6] Autori di riferimento per questi temi sono: Vilém Flusser (Universo tecnico, 1985) in cui esplora direttamente come le tecnologie dell'informazione creino nuovi "universi" esistenziali; Manuel Castells  (L'età dell'informazione, 1996-1998) definisce il concetto di "spazio dei flussi" come nuovo ambiente esistenziale creato dalla tecnologia; Sherry Turkle (La vita sullo schermo, 1995) ma anche (Insieme ma soli, 2011) analizza specificamente come la tecnologia digitale crei nuovi ambienti relazionali ed esistenziali; Luciano Floridi (La quarta rivoluzione, 2014) inaugura il concetto di "infosfera" come nuovo ambiente esistenziale dell'era digitale; Don Ihde (Technology and the Lifeworld, 1990) avvia una fenomenologia della tecnologia che analizza come crei nuovi mondi-vita.

[7] Vedi Bruno Forte, Anche il linguaggio del digitale è biblico in  Avvenire 23 marzo 2024.

[8] Il magistero ha affrontato questi temi a partire da Benedetto XVI con i Messaggi per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che ha ricordato come il digitale creasse «nuove relazioni»(2009), «un nuovo modo di apprendere e di pensare, con inedite opportunità di stabilire relazioni e di costruire comunione» (2011), «nuovi spazi di evangelizzazione» (2013), mentre Francesco affrontò direttamente l’IA («Intelligenza artificiale e sapienza del cuore», 2024), con la Rome Call for AI Ethics (2020) e con il documento «Verso una piena presenza» (28 maggio 2023)

[9] Esiste una corrente di pensiero interdisciplinare che esplora sistematicamente questi temi. Questo approccio non ha un nome unificato, ma si articola in diverse tradizioni teoriche tra le quali ricordiamo la Sociologia della Tecnologia (STS - Science and Technology Studies). Vedi P. Magaudda, F. Neresini (a cura di), Gli studi sociali sulla scienza e la tecnologia, Il Mulino, Bologna, 2020

[10] E. Pariser, Il Filtro, Il Saggiatore, Milano, 2011

[11] P. Benanti, Human in the loop. Decisioni umane e intelligenze artificiali, Mondadori, Milano 2022; S. Zuboff, The Age of Surveillance Capitalism, Public Affairs, New York, 2019.

[12] D. Ihde, Technology and the Lifeworld, Indiana University Press, Bloomington. 1990; A. Fabris, Etica delle nuove tecnologie. Nuova Ediz., Scholé-Morcelliana, Brescia, 2021; L. Floridi, Etica dell’intelligenza artificiali, Raffaello Cortina, Milano, 2022

[13] S.Th. IIª-IIae q. 20 a. 1 ad 1

[14] Una prima definizione del peccato ecologico lo identificava «come azione oppure omissione contro Dio, contro il prossimo, la comunità e l’ambiente. È un peccato contro le future generazioni e si manifesta negli atti e nelle abitudini di inquinamento e distruzione dell’armonia dell’ambiente, nelle trasgressioni contro i principi di interdipendenza e nella rottura delle reti di solidarietà tra le creature» Documento finale del Sinodo per l’Amazzonia, n. 82.

[15] J. Lanier, La dignità al tempo di internet. Per un’economia digitale equa, Il Saggiatore, Milano, 2014;  J. von Dijck, T. Poell, M. de Waal, Platform Society, Guerini Scientifica, Milano, 2019.

[16] S.Th, I-II, q. 55, a. 3

[17]  «Il nuovo tipo di azione che deriva dalla tecnologia moderna [...] esige un’etica completamente nuova, mentre tutte le etiche tradizionali sono state sviluppate per il comportamento all’interno dell’ambito immediato dell’azione e per la sua contemporaneità» Hans Jonas Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, 1990 [ed. orig. Das Prinzip Verantwortung, Inserl Verlag, Frankfurt am Main, 1979)

[18] Cfr. P.C. Rivoltella, Le virtù del digitale. Per un'etica dei media, Morcelliana, 2015. In questo breve testo, Rivoltella tratta delle virtù in ottica digitale cercando, però, di individuare strategie e indicazioni operative volte ad acuire la consapevolezza e la responsabilità soggettiva di chi utilizza i media digitali. È uno scopo differente dalla nostra trattazione.

[19] Francesco, Christus Vivit (20 marzo 2019), nn. 86–90; Direttorio Generale per la Catechesi, LEV, 1997, n. 365.

[20] Benedetto XVI, Caritas in veritate (29 giugno 2009), n. 70; Francesco, Fratelli Tutti (3 dicembre 2020), nn. 43–45; 205.

[21] Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, nn. 179–184; 428–430; Francesco, Laudato Si’ (24 maggio 2015), nn. 47–50; 102–114; Pontificia Accademia per la Vita, The “Good” Algorithm? Artificial Intelligence: Ethics, Law, Health (2020)

[22] Dicastero Comunicazioni, Etica nell’Intelligenza Artificiale, (2020)

[23] E. Mattei, Solidarietà, vita spirituale e comunitaria «rivalutate» dal Web in tempo di Covid in Voce e Tempo, 31 ottobre 2021

[24] CEI, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia (2004); Francesco, Evangelii Gaudium (24 novembre 2013), n. 70; Direttorio su Catechesi (2020), n. 367.

[25] Ho proposto un Esame di coscienza al cellulare in I Vangeli narrano il  digitale, EDB, Bologna, 2023, pp.221.

 Is your vocation calling you to use your skills in research and data analysis
to serve the Church and address today’s pressing social challenges?

The Church’s Data-Driven Analysis of Social Capital

 

JPII PASS incontro


BORSE DI STUDIO FASS ADJ

 


PCSTiP FASSfoto Oik 2

Albino Barrera OP  -  Stefano Menghinello  -  Sabina Alkire

Introduction of Piotr Janas OP


 Januard libro  Progetto senza titoloB01 cop homo page 0001  the common good political and economic Petrusic

 

CP3volume cover

 

CST Szilas

 

cst EC