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Rivista di etica e scienze sociali / Journal of Ethics & Social Sciences

 

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LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI DI SECONDA GENERAZIONE NELLE AREE RURALI DELL’ARGENTINA

L’IMPATTO DELLA POLITICA AGRICOLA NAZIONALE SUI PROCESSI DI SVILUPPO TERRITORIALE

Luigi Pisoni

 

Introduzione

La popolazione mondiale residente nelle aree rurali è stimata in oltre un miliardo di persone. Si tratta di una quota assai rilevante della popolazione globale, rispetto alla quale negli ultimi anni ha acquisito una rilevanza crescente il dibattito circa l’effettiva tutela dei diritti economici, sociali e culturali (DESC) di coloro che risiedono e lavorano in zone considerate, almeno in parte, svantaggiate rispetto a contesti territoriali urbani e peri-urbani.

I diritti economici, sociali e culturali puntano a creare le condizioni per un’uguaglianza sostanziale tra tutti i cittadini e sono definiti come diritti umani ‘di seconda generazione’ per differenziarli dai diritti di natura civile e politica. I DESC si riferiscono pertanto alla presenza di una serie di condizioni che possano garantire ad ogni persona un lavoro dignitoso per sé e per la propria famiglia, così come l’accesso a livelli soddisfacenti di educazione, protezione sociale, alimentazione e cure mediche nel quadro di un concetto generale di qualità della vita.

Le norme che fissano a livello internazionale i criteri e le modalità di tutela dei DESC e i relativi obblighi a carico degli Stati nazionali risalgono principalmente alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, adottata nel 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Nell’ambito della nostra analisi l’attenzione è stata posta sul caso dell’Argentina con la finalità di sondare il grado di rispetto dei DESC nelle aree rurali del paese sudamericano, rilevando in particolare l’impatto delle politiche agricole nazionali rispetto alle principali dinamiche sociali ed economiche che caratterizzano la vita della popolazione insediata nelle aree extra-urbane.[1]

Politica agraria e diritti umani: un binomio essenziale per lo sviluppo delle aree rurali

Il rafforzamento complessivo dell’economia agricola di una regione rappresenta di per sé una base essenziale per rafforzare l’accesso ad alcuni dei principali diritti umani di seconda generazione, a partire dal diritto all’alimentazione, ad un lavoro dignitoso e ad adeguate condizioni di vita per le famiglie rurali.

Tra gli aspetti di politica agraria che portano indubbie conseguenze positive in termini di rafforzamento dei diritti economici, sociali e culturali possiamo menzionare le attività formative di carattere professionale. Un’altra area di intervento significativa per quanto riguarda la relazione tra politiche rurali e tutela dei DESC è costituita dalla cosiddetta ‘agricoltura sociale’, che si è affermata soprattutto nell’ambito del modello europeo di sviluppo agricolo a partire dai primi anni di questo secolo e che si può osservare, secondo modalità proprie dei contesti locali, anche in programmi di sviluppo rurale di diversi paesi dell’America Latina. [2]

Più in generale, l’implementazione di politiche pubbliche miranti a sostenere dinamiche legate all’imprenditorialità nelle aree rurali, l’occupazione e la sicurezza alimentare stimolano processi di sviluppo che favoriscono la tutela dei diritti fondamentali dei residenti.

Il caso argentino: sviluppo tecnologico e problematiche sociali

Un breve richiamo preliminare al concetto di ruralità può essere utile al fine di introdurre l’analisi relativa al rispetto dei diritti della sfera economica, sociale e culturale nel contesto argentino.

Tra le definizioni di ruralità riconosciute a livello internazionale ricordiamo quella adottata dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) che utilizza principalmente il criterio della densità della popolazione, definendo come rurali le unità territoriali che registrano una densità inferiore a 150 abitanti per chilometro quadrato.

Facendo riferimento ai criteri applicati nel continente sudamericano, possiamo menzionare i canoni fissati dalla CEPAL, la Commissione Economica per l’America Latina (organismo dipendente dall’ONU), secondo la quale possono essere caratterizzate come rurali le aree con prevalenza di centri abitati con una popolazione inferiore a 2.000 abitanti.

Ad ogni modo, al di là di criteri meramente statistici, è opportuno ricordare una questione che può essere considerata emblematica della situazione del mondo rurale argentino: se da una parte l’agricoltura professionale del paese si trova in uno stadio avanzato di applicazione delle moderne tecnologie produttive, nondimeno la considerazione sociale di cui godono le zone rurali è tuttora considerevolmente bassa se paragonata, ad esempio, all’attenzione e all’appoggio che la società europea offre alle proprie comunità rurali.

Problemi di orientamento strategico nella politica agraria argentina

Uno dei principali aspetti che emergono esaminando l’insieme delle misure di politica agricola adottate dai governi argentini negli ultimi decenni riguarda la difficoltà di ricostruire un modello univoco di sviluppo rurale partendo dalle prassi di politica agricola osservabili, atteso che non si riscontra la presenza di una politica nazionale organica per il settore primario.

Il settore primario ha un ruolo centrale nell’economia del paese, in quanto rappresenta il 7,5% del prodotto interno lordo del paese e il 5,4% della manodopera privata regolarmente registrata. Il dato più rilevante riguarda peraltro l’ingresso di divisa straniera generato in Argentina dalle esportazioni di prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento che, secondo una nota informativa ministeriale del 2020, ammonterebbero a oltre 36 miliardi di dollari.[3]

Un gruppo maggioritario di analisti sostiene che, da poco più della metà del ventesimo secolo ad oggi, le politiche agrarie implementate dai governi argentini hanno favorito un modo di produzione ‘capitalista’ in agricoltura – basato su unità produttive di grandi dimensioni – a danno di piccoli e medi produttori legati al modello dell’agricoltura familiare, considerati di fatto come una categoria produttiva poco significativa e non rappresentativa degli interessi generali del paese.[4] Tuttavia, questo tipo di interpretazione semplifica eccessivamente la traiettoria del settore e non può essere considerata totalmente rappresentativa della politica agraria del paese.

Prendendo come riferimento il numero totale di 249.663 aziende agricole classificate dall’ultimo censimento agricolo nazionale (“Censo Nacional Agropecuario”) argentino[5], effettuato nel biennio 2018-2019, solo 12.813 aziende risultavano aver preso parte in qualche misura ad almeno un programma nazionale o provinciale per il settore agrario nel periodo di un anno compreso tra il 1° luglio 2017 e il 30 giugno 2018. Delle imprese partecipanti, solo 10.954 avevano percepito una qualche forma di aiuto statale. In termini relativi ciò equivale a dire che i differenti programmi per l’agricoltura finanziati con fondi pubblici coinvolgono unicamente il 5,1 % delle aziende agricole regolarmente censite nel paese, erogando aiuti diretti o indiretti ad una percentuale di operatori ancor più ridotta, pari al 4,3%. Si tratta di un quadro che mostra il ruolo assolutamente marginale della politica agricola argentina quale fattore di sviluppo economico e territoriale.

Appare pertanto evidente che, al di là del dibattito da lungo tempo in corso nel paese circa una presunta caratterizzazione ideologica della politica agricola argentina (a favore o contro un modello agro-capitalista), la politica nazionale per il settore si caratterizza principalmente per una netta carenza rispetto alla necessità di formulare indirizzi strategici sul futuro del mondo rurale.

In questo contesto, il fine principale rimane quello di mantenere un prelievo costante di valuta pregiata dalle imprese agricole con vocazione all’export, principalmente attraverso misure economicamente distorsive, quali dazi doganali sui fattori produttivi importati e prelievi sulle esportazioni dei prodotti agroalimentari nazionali. A ciò si aggiunge il fatto che il consistente apporto del settore agricolo alle casse dell’erario non è reinvestito in politiche per lo sviluppo rurale, se non in forma totalmente congiunturale e percentualmente poco significativa, peraltro legata ad una visione tendenzialmente assistenzialista.[6]

Ripensare le politiche di sviluppo rurale in Argentina

L’esame, necessariamente breve, che abbiamo condotto circa gli aspetti maggiormente caratterizzanti del sistema agricolo argentino in relazione alle politiche nazionali per il settore, ci può consentire di ipotizzare alcune direttrici di riforma orientate verso l’obiettivo generale di un incremento nella tutela dei DESC nelle aree rurali dell’Argentina.

Senza dubbio, un deficit strategico della politica agricola argentina è da ricercare nella carenza di una visione sistemica, al di là della scarsa consistenza delle risorse applicate alle iniziative di sviluppo rurale.  Per tale motivo di fondo, il raggiungimento di una gestione più organica delle politiche agricole nazionali si presenta come esigenza fondamentale al fine di riorientare e potenziare un sistema agricolo che, grazie all’abbondanza di risorse naturali dell’Argentina e alla vocazione imprenditoriale di una parte significativa delle proprie imprese, potrebbe occupare un posto di assoluta preminenza sui mercati internazionali.

In questa prospettiva, si considera quanto mai auspicabile la definizione di un livello equo di tassazione delle attività agricole che non pregiudichi le possibilità di crescita del settore nel paese sudamericano, evitando la tentazione di continui aggiustamenti nelle percentuali e nelle forme di prelievo che per diversi anni si sono susseguiti per tentare di ripianare i cronici deficit del bilancio pubblico argentino.

Nello stesso tempo, sarebbe indice di una politica agricola più razionale la predisposizione di piani pluriennali di finanziamento per il settore primario, differenziando opportunamente le erogazioni per investimenti strutturali dai sussidi a puro sfondo sociale.

Sul fronte dell’agricoltura familiare pare ragionevole affermare che la creazione di adeguati percorsi di crescita per decine di migliaia di unità produttive, i cui titolari vivono spesso in condizioni di mera sussistenza, costituisce una sfida tuttora aperta per l’agricoltura argentina. A tale proposito, para prioritario associare obiettivi di crescita economica e azioni per la tutela dei diritti fondamentali della popolazione extra-urbana.

Al di là delle azioni di carattere più strettamente sociale che la citata legge n. 27.118/2015 offre attualmente ad un certo numero di piccoli produttori agricoli, per lo più legati alla cosiddetta economia informale, sarà opportuno definire percorsi di crescita imprenditoriale sostenuti da un incremento dei contributi pubblici per investimenti, in vista di un processo di razionalizzazione e riconversione della spesa pubblica per il settore.

Tra le misure che potrebbero aprire opportunità concrete di maggior tutela dei diritti di seconda generazione nelle aree rurali merita infine di essere richiamata la questione dell’insediamento di giovani agricoltori. L’erogazione di contributi a copertura di parte delle spese di avviamento di un’impresa condotta da giovani, la previsione di maggiori aiuti per investimenti realizzati da giovani nel quadro di programmi di sviluppo rurale già esistenti, l’accesso a percorsi di formazione professionale d’alto livello,[7] così come l’esenzione da alcuni carichi fiscali per le aziende condotte da giovani nei primi anni dalla loro costituzione, sono solo alcuni degli strumenti applicabili al fine di costruire un quadro favorevole alla generazione di nuovo capitale umano e professionale in agricoltura.

 

Conclusioni

Le riflessioni che abbiamo svolto circa il ruolo della politica agricola argentina rispetto alle dinamiche di sviluppo delle aree rurali del paese hanno dimostrato che, in termini generali, le misure adottate non hanno garantito un adeguato livello di tutela dei diritti economici, sociali e culturali delle popolazioni ivi residenti. Ciò implica conseguenze necessariamente negative in una serie di ambiti collegati all’esercizio di diritti fondamentali, quali l’ambiente, la salute, la formazione e la disponibilità di alimenti sani e dalle soddisfacenti qualità nutritive, oltre alle questioni vincolate con i temi della protezione sociale, del lavoro e dell’insediamento territoriale.

Data questa analisi di fondo, abbiamo potuto raccogliere elementi che evidenziano l’esigenza di dare corso a cambiamenti sostanziali nella politica agraria argentina come condizione di base per aspirare ad un maggior grado di protezione dei DESC nelle aree rurali del paese.

In particolare, occorrerebbe raggiungere il macro obiettivo di un governo sistemico delle politiche pubbliche per il settore primario, al fine di stimolare una crescita imprenditoriale locale che coinvolga tutti gli attori locali in base ad una prospettiva duratura di integrazione economica e sociale.

L’abbandono di una pratica di politica agraria circoscritta ad una funzione di mero strumento di prelievo di gettito fiscale e la sua concreta riconversione verso un paradigma di tutela globale dei diritti rappresenterebbero aspetti essenziali di una futura visione strategica in grado di innescare processi di sviluppo a lungo termine delle zone rurali argentine.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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Gruenberg, C., Pereyra Iraola, V. (2009), El clientelismo en la gestión de programas sociales contra la pobreza, in “Documentos de Políticas Públicas|Análisis”, Numero 60, Buenos Aires.

Herreno Hernández, A, L. (2009), Derecho al desarrollo, in: González Monguí, P. E., (a cura di), Derechos económicos, sociales y culturales. Cátedra Gerardo Molina, Bogotá D.C., Universidad Libre de Colombia.

Instituto Interamericano de Derechos Humanos (2010), Cartilla básica sobre derechos económicos, sociales y culturales, IIDH - San José, C.R.

Instituto Nacional de Estadísticas y Censos – INDEC (2021), Censo Nacional Agropecuario 2018. Resultados definitivos, 1ª edizione aprile 2021, Buenos Aires, ISBN 978-950-896-607-0, consultato in: https://www.indec.gob.ar/ftp/cuadros/economia/cna2018_resultados_definitivos.pdf.

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Lema, D. (2021), Políticas agropecuarias y economía en la Argentina, in “Ciencia Hoy”, vol. 29, n. 173, dicembre 2020-gennaio 2021, pagg. 55-63, consultato in: https://cienciahoy.org.ar/politicas-agropecuarias-y-economia-en-la-argentina-daniel-lema/.

Manzanal, M., & Schneider, S. (2011). Agricultura familiar y políticas de desarrollo rural en Argentina y Brasil (análisis comparativo, 1990-2010). Revista Interdisciplinaria de Estudios Agrarios, 34(1), 35-71.

Nogueira, M. E., Urcola, M. A., & Lattuada, M. (2017). La gestión estatal del desarrollo rural y la agricultura familiar en Argentina: estilos de gestión y análisis de coyuntura 2004-2014 y 2015-2017. Revista Latinoamericana de Estudios Rurales, 2(4).

Paoloni, L. e Vezzani, S. (2019), La Dichiarazione ONU sui diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle aree rurali: prime riflessioni, Federalismi.it – Rivista di Diritto Pubblico Italiano, Comparato, Europeo, Focus Human Rights N.1/2019, p.9.

Spisso, R. (2022), Medidas de acción positiva, los tratados de derechos humanos y los recursos para potenciar su aplicación, Revista “LA LEY”, AR/DOC/2739/2022, p.7.

 

[1] L’Argentina, come firmataria della Convenzione Americana sui Diritti Umani (1969), si è impegnata a rispettare e ad applicare quanto contenuto nell’art. 26 di quest’ultima (Sviluppo progressivo), che recita come segue: “Gli Stati membri si impegnano ad adottare misure, sia a livello nazionale sia attraverso la cooperazione internazionale, specialmente di natura economica e tecnica, al fine di conseguire progressivamente, con la legislazione o altri mezzi appropriati, la piena realizzazione dei diritti implicati nelle norme in campo economico, sociale educativo, scientifico e culturale contenute nella Carta dell'Organizzazione degli Stati Americani come emendata dal Protocollo di Buenos Aires, nella misura dei mezzi disponibili, per via legislativa o altri mezzi appropriati”.

[2] Con l’espressione ‘agricoltura sociale’ ci si suole riferire ad attività svolte da operatori attivi in territorio rurale che si caratterizzano per la presenza di forti componenti etiche e di inclusione sociale. Ne sono esempi i servizi di cura per anziani offerti in strutture rurali e i servizi orientati al reinserimento lavorativo di categorie svantaggiate.

[3] Roccatagliata A. (2020), Programa de Desarrollo Rural y Agricultura Familiar -(BID 2470/OC- AR), Ministerio de Agricultura, Ganadería y Pesca, aprile 2020, p. 5, consultato in: https://mail.google.com/mail/u/2/#search/agricultura?projector=1.

[4] Un’analisi critica intorno agli orientamenti della politica agricola argentina negli ultimi decenni è consultabile in: Jara, C.E., Rodríguez Sperat, R., Rincón Manrique, L.F. y Gómez Herrera A. (2019), Desarrollo rural y agricultura familiar en Argentina: una aproximación a la coyuntura desde las políticas estatales, in “Revista de Economía y Sociología Rural” (RESR), Numero 57, pagg. 339-352, Brasilia, https://www.scielo.br/j/resr/a/XK6CgTQ5KjPtgmx4b7q96sh/?lang=es.

[5] Instituto Nacional de Estadísticas y Censos (INDEC), Censo Nacional Agropecuario 2018. Resultados definitivos, Buenos Aires, 1ª edizione aprile 2021, consultabile in: https://www.indec.gob.ar/ftp/cuadros/economia/cna2018_resultados_definitivos.pdf.

[6] Tra i programmi ministeriali per il settore primario rientra il PRODAF (Programa de Desarrollo Rural y Agricultura Familiar), che ha come pubblico di riferimento produttori agricoli caratterizzati da carenze in termini di capitali, attrezzature e organizzazione aziendale. Al di là del nome, il programma non racchiude in sé una vera politica globale per le aree rurali. Si tratta piuttosto di una serie di misure tendenzialmente giustapposte le une alle altre e finanziate in modo irregolare. Tra gli sforzi più rilevanti compiuti in tempi relativamente recenti dal legislatore argentino con l’intento di stabilire un quadro di riferimento per lo sviluppo di micro, piccole e medie aziende agricole dev’essere menzionata la legge nazionale 27.118 del 28 gennaio 2015, definita Ley de agricultura familiar (Legge dell’agricoltura familiare). Tra i benefici più rilevanti che offre la legge è possibile citare l’accesso agevolato alle sementi e gli aiuti per l’ottenimento in uso di parcelle di terreni agricoli detenuti dallo Stato.

[7] L’adozione di adeguate politiche formative in agricoltura dovrebbe essere considerata tra gli strumenti maggiormente efficace in vista del raggiungimento di obiettivi di difesa dei DESC in una prospettiva di medio e lungo termine, considerando che tali politiche hanno un impatto rilevante in relazione ad almeno tre diritti specificamente riconosciuti dal Patto internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite del 1966: il diritto all’istruzione, il diritto al lavoro e il diritto di partecipare alla vita culturale e di godere dei benefici del progresso scientifico e delle sue applicazioni.

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